La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29488/2024 ha rilevato che l’importo versato dai cittadini a titolo di quota del servizio di depurazione delle acque non è dovuta nel caso in cui la fognatura è sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o nel caso in cui questi fossero temporaneamente inattivi.
Aveva pertanto ritenuto che tali somme dovessero essere corrisposte solo in caso di effettiva esistenza del servizio di depurazione.
Tale principio è stato affermato in una vicenda in cui alcuni utenti chiedevano la restituzione di quanto ritenuto versato indebitamente essendo l’impianto di depurazione non correttamente funzionante.
Nel primo grado di giudizio le domande degli utenti sono state accolte mentre in secondo grado la pronuncia è stata riformata. Difatti, il giudice ha ritenuto che l’unica causa che potesse legittimare la ripetizione di indebito fosse la mancata funzione del servizio, inteso come totale inattività del sistema di depurazione, e non anche un suo cattivo funzionamento.
La Corte di Cassazione, interessata della vicenda, ha accolto il ricorso degli utenti rilevando che: “che anche la «temporanea inattività», e quindi non solo il «fermo» volontariamente disposto (qualunque ne sia la ragione), ma anche l’inefficienza dell’impianto e quindi la sua inidoneità al funzionamento, rendono indebito il pagamento del servizio al gestore del servizio idrico integrato”.