
Riciclo e sostenibilità nella gestione del packaging sono due facce della stessa medaglia: il contesto normativo e regolatorio in continua evoluzione e la crescente sensibilità del mercato rispetto a questi temi portano sempre più a ragionare in un’ottica di economia circolare, ricercando nuovi materiali per l’ambito logistico.
Attualmente il sistema di produzione e consumo degli imballaggi è basato su un’economia lineare, in cui vengono raccolte materie prime vergini per un consumo di massa e la conseguente produzione di rifiuti, una volta che la merce ha raggiunto il luogo di consegna finale. Per far fronte al crescente e diversificato volume di materiali, bisogna puntare su un modello di economia circolare, in cui tramite la condivisione, il prestito, il reimpiego, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo si mira a prolungare l’utilizzo degli imballaggi esistenti.
È possibile individuare due principali categorie di materiali per la realizzazione degli imballaggi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.
In questo modo, si allunga il ciclo di vita degli imballaggi, riuscendo a razionalizzare la quantità di rifiuti e generando ulteriore valore una volta che il packaging conclude la propria funzione originaria. Nella concezione di economia circolare, tuttavia, l’attenzione non è solo sulla fase post-vita utile di un prodotto e relativo imballaggio, ma anche sugli stadi iniziali di progettazione e lavorazione, attraverso un’attenta selezione degli scarti classificabili come sottoprodotti e di quelli che possono trovare ulteriori impieghi.
L’approccio dell’economia circolare è caratterizzato dal modello delle 3R: ridurre, riusare e riciclare. Ridurre significa produrre beni e servizi usando una minore quantità di materie prime naturali, secondo un principio che vale anche per i processi di lavorazione e il fine vita dei prodotti e degli imballaggi; riusare vuol dire puntare sul riutilizzo delle diverse tipologie di imballaggi terziari (unità logistiche come pallet, selle, cassoni metallici e cassette in plastica); riciclare fa riferimento alla trasformazione dei materiali da rifiuto in nuovi prodotti e/o imballi oppure in componenti e materiali utili per generare nuovi prodotti e imballi.
Occorre però sottolineare che, nonostante i molteplici esempi virtuosi di aziende di più settori e il potenziale delle soluzioni esistenti, i processi decisionali in materia di economia circolare rimangono ancora oggi un esercizio altamente complesso, che richiede la definizione precisa di azioni specifiche adattabili al profilo, al settore e agli obiettivi dell’impresa.
L’evoluzione degli imballaggi verso politiche green
L’adozione di modalità di imballaggio sostenibili può essere riassunta in tre punti fondamentali: la riduzione delle dimensioni degli imballaggi, il riutilizzo e il riciclo al termine dell’utilizzo singolo o multiplo.
Nel dettaglio, la riduzione delle dimensioni mira a rendere gli imballaggi più leggeri e di minori dimensioni, al fine di ridurre significativamente i rifiuti e i costi energetici legati ai trasporti. Il riutilizzo dei materiali degli imballaggi viene spinto dalle aziende produttrici e utilizzatrici, oltre che dalla clientela finale; infine, la riciclabilità rappresenta uno degli aspetti fondamentali durante le fasi di progettazione e produzione degli imballaggi ecosostenibili.
La globalizzazione e il conseguente modello di economia attuato sino a oggi hanno portato a una sovrabbondanza dei prodotti e dei relativi imballaggi, trasmettendo al consumatore un atteggiamento di indifferenza in riferimento alla loro dismissione che è andato di pari passo con il bisogno di possedere il prodotto più innovativo e/o maggiormente all’avanguardia. Questo modello, con il passare del tempo, sta diventando sempre meno perseguibile e sostenibile.
È proprio per questo motivo che le aziende stanno cercando progressivamente di abbandonare questo tipo di economia e perseguire invece un’idea di economia circolare, che prevede la progettazione a monte dell’intero ciclo di vita dell’imballaggio, compresa la fine.
Alcuni degli elementi utilizzati nel settore degli imballaggi (alluminio, acciaio, plastica, vetro, legno, cartone, carta) sono già compresi tra i materiali cosiddetti “circolari”, poiché grazie a filiere di riciclo consolidate possono diventare materia prima all’interno del proprio settore di applicazione o di altri. Si pensi, per esempio, all’attività proficua svolta da anni in materia di raccolta e riciclo dei rifiuti da imballaggi da parte del Consorzio Conai, al cui sistema aderiscono in Italia oltre 650.000 imprese produttrici e utilizzatrici.
La situazione a livello europeo
Secondo le stime, nell’Unione Europea il comparto del packaging genera un fatturato complessivo di 370 miliardi di euro: l’importanza economica e gli elementi di complessità sono notevoli, con una costante ricerca e innovazione del processo produttivo e lo studio di nuovi materiali, cui si contrappone un costante aumento di rifiuti.
Dai 66 milioni di tonnellate del 2009 si è passati a oltre 84 milioni di tonnellate nel 2021, quando ogni cittadino europeo mediamente ha generato 188,7 kg di rifiuti da imballaggio. Secondo le stime più accreditate, se non verranno introdotte misure correttive il numero è destinato a raggiungere quota 209 kg per abitante nel 2030. Di conseguenza, è di fondamentale importanza introdurre fattori correttivi per portare l’Europa verso un modello di economia circolare più sostenibile ed efficiente.
Lo scorso anno il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio originato da una proposta di regolamento finalizzata a ridurre, riutilizzare e riciclare gli imballaggi, così da renderli più sicuri e sostenibili: tutte le tipologie di imballi dovranno quindi mirare a essere totalmente riciclabili, minimizzando al contempo l’impiego di sostanze nocive nel corso della produzione.
La proposta stabilisce anche requisiti di armonizzazione dell’etichettatura dei prodotti per rendere più trasparenti e chiare le informazioni da trasmettere ai consumatori. Si mira inoltre, in linea con la gerarchia dei rifiuti, a contenere significativamente la produzione di rifiuti da imballaggio, fissando degli obiettivi vincolanti di riutilizzo, limitando alcuni tipi di imballaggi monouso e imponendo agli operatori economici di limitare al minimo il packaging non strettamente necessario per proteggere i prodotti durante l’intero ciclo logistico e di vendita.
Tra i provvedimenti introdotti nella proposta del Parlamento Europeo, è presente anche una serie di misure che mirano a ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi. A partire dal 2025 tutti i Paesi dell’Unione Europea dovranno introdurre azioni finalizzate a raccogliere le diverse tipologie di imballaggi separatamente e fare in modo che le percentuali di materiali riciclati raggiungano almeno il 65% entro il 2025 e almeno il 70% nel 2030. Accanto a queste disposizioni, vengono introdotte nella proposta di regolamento anche altre misure valide per alcune tipologie di materiali utilizzati per gli imballaggi.
Nello specifico: nel 2025 la percentuale di carta e cartone riciclati dovrà raggiungere almeno l’80%, mentre nel caso della plastica i Paesi membri dell’Unione dovranno arrivare almeno al 30%; per il legno, l’obiettivo è quello di arrivare a riciclare almeno il 50% entro il 2030.
Le disposizioni del Parlamento Europeo nascono con un duplice obiettivo strategico: da un lato, si vuole dare una forte spinta alla riduzione degli imballaggi non riciclabili e all’ottimizzazione del loro utilizzo; dall’altro, si vogliono stimolare le aziende all’innovazione, ricerca e sviluppo nel settore degli imballaggi, per mettere a disposizione dell’industria soluzioni in grado di garantire e tutelare la qualità e caratteristiche dei prodotti da trasportare riducendo al contempo l’impatto ambientale.
Una sfida e anche una possibilità di business per tante aziende impegnate nel cosiddetto “re-manufacturing” (ossia la politica di business che punta alla rigenerazione di un prodotto/materiale cercando di allungarne la vita utile prima che diventi un rifiuto da smaltire o riutilizzare successivamente) o nell’ambito del “clean tech”, in cui sono incluse tecnologie, processi, materiali e servizi ideati per ridurre l’impatto ambientale e consentire al contempo un utilizzo sostenibile dei sistemi e delle risorse presenti in natura.
L’accordo provvisorio di regolamento dell’Unione Europea dovrà essere sottoposto all’approvazione dei rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio Europeo e alla Commissione per l’Ambiente del Parlamento dell’Unione Europea. Se approvato, il testo dovrà venire formalmente adottato da entrambe le istituzioni prima di poter essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrare in vigore. A decorrere i 18 mesi dalla data di entrata in vigore, infine, il regolamento verrà applicato.
Quali sono i packaging del futuro
Visto il crescente interesse, è di fondamentale importanza per le aziende la ricerca di nuovi materiali per produrre imballaggi riutilizzabili e riciclabili a fine vita, dal ridotto impatto ambientale.
Le nuove tipologie di materiali ecosostenibili spaziano dagli imballaggi idrosolubili a quelli stampati in 3D, e precisamente:
bioplastiche e vari tipi di prodotti di origine biologica e/o biodegradabile, con caratteristiche simili a quelle della plastica. Gli elementi di origine biologica vengono prodotti utilizzando materiali organici, mentre per quanto riguarda i materiali biodegradabili in natura, si procede alla scomposizione in altri materiali base grazie all’opera dei microrganismi. Tra le fonti più usate per le bioplastiche, si segnalano l’amido di mais, il grano, le patate, la biomassa lignocellulosica e la canapa;
- film commestibili e attivi, impiegati soprattutto in ambito alimentare (ma non solo). Si può fare riferimento, per esempio, a pellicole a base di amido o alghe, costituite da polisaccaridi, proteine, e/o sostanze lipidiche;
- materiali a base di micelio (ovvero la parte vegetativa del fungo), che viene utilizzato al pari di una radice per assimilare gli scarti agricoli e legarli insieme a formare un insieme strutturale e compatto. Il risultato è un materiale biodegradabile e compostabile, capace di assumere qualsiasi forma in quanto la radice cresce seguendo le materie organiche presenti.
Tra le proposte più innovative fino a ora ci sono, per esempio, imballaggi biodegradabili a base di alghe, imballaggi idrosolubili che si dissolvono a contatto con l’acqua e imballaggi stampati in 3D, che vengono realizzati attorno al prodotto da confezionare utilizzando la quantità di materiali minima necessaria.
La strada verso il futuro
Nella catena logistica aziendale, gli imballaggi sono elementi che seguono il prodotto dall’inizio alla fine e che oggi le aziende devono gestire anche dopo il termine della vita e/o di utilizzo. La scelta dei materiali è determinata da molteplici fattori, come il contenimento dei costi, la sicurezza e protezione della merce durante il ciclo produttivo-logistico e le necessità specifiche di protezione a seconda della tipologia di prodotto.
A influire sull’evoluzione degli imballi sono inoltre le richieste e le evoluzioni del mercato: nel contesto attuale, nello specifico, per i consumatori finali e per le istituzioni nazionali ed europee è centrale il tema dell’impatto che gli imballaggi generano sull’ambiente.Il quantitativo di rifiuti prodotti aumenta infatti di anno in anno, mettendo in luce la necessità di un evoluzione del packaging.
Per fortuna, cresce anche il numero di persone attente all’impatto che le loro scelte di acquisto generano sull’ambiente: le aziende si stanno muovendo verso un futuro migliore, ricercando soluzioni di imballaggio alternative e più sostenibili con l’impiego di materiali biodegradabili, riciclabili e compostabili.
La sostenibilità nel packaging ha implicazioni lungo l’intera supply chain aziendale, a partire dai fornitori passando per i vari processi interni aziendali fino a influenzare a valle le preferenze dei consumatori: risulta quindi importante identificare e studiare gli stili di vita e le abitudini sostenibili prevalenti in Italia, con un focus specifico sul ruolo del packaging sostenibile.
Nel dettaglio, secondo i dati forniti dall’osservatorio Nomisma, il 40% degli italiani prevede di aumentare nei prossimi 12 mesi gli acquisti di prodotti di largo consumo con packaging sostenibile; la percentuale cresce tra le famiglie con figli piccoli e la generazione Z (quella dei nativi digitali, nati tra 1997 e 2012) che risulta essere il target più attento alle tematiche della sostenibilità ambientale.
Nell’ultimo anno, il 54% dei cittadini italiani ha acquistato un prodotto di marca diversa dal solito perché aveva una confezione più ecocompatibile, mentre il 18% non ha più acquistato un prodotto specifico a causa di un imballo non considerato sostenibile. Le caratteristiche più ricercate dai consumatori sono nell’ordine l’assenza di imballaggi in eccesso (59%), l’utilizzo di confezioni completamente riciclabili (58%), la produzione con ridotte emissioni di CO2 (46%), l’utilizzo di materiali riciclati (45%) e biodegradabili (44%).
Inoltre, sono state registrate un’elevata e crescente attenzione e sensibilità per gli imballaggi privi di plastica e per quelli riutilizzabili al termine dell’utilizzo da parte del cliente finale. In base all’analisi effettuata da Nomisma, le scelte dei consumatori sono pesantemente influenzate dal cambiamento climatico, argomento considerato da oltre il 60% degli italiani tra i problemi più gravi a livello mondiale.
Circa un terzo degli italiani ritiene la crisi climatica e i suoi effetti una delle principali preoccupazioni per i prossimi 12 mesi. La sostenibilità, unita all’attenzione all’ambiente, rappresenta un fattore determinante per il 32% degli italiani nel momento delle scelte di comportamento e acquisto, mentre il 59% dichiara di tenere comunque conto del tema nel momento in cui deve effettuare l’acquisto di un prodotto.
Questo cambio di priorità da parte dei consumatori si manifesta in un maggior impegno verso scelte di consumo più sostenibili, un trend decisamente in crescita rispetto a soli cinque anni fa. La crescita dell’interesse verso gli imballaggi sostenibili porta con sé anche importanti implicazioni tanto per le aziende produttrici quanto per i distributori e grossisti.
Anche la comunicazione delle informazioni sul ciclo di vita delle confezioni e imballo primario di un prodotto, compresa la seconda vita post-riciclo, è considerato un aspetto di fondamentale importanza da circa l’80% degli italiani.
Per le aziende di produzione sta diventando quindi necessario (se non addirittura obbligatorio) adottare strategie di marketing che enfatizzino la sostenibilità dei propri imballaggi, nella consapevolezza che la trasparenza su pratiche di sostenibilità e ciclo di vita dei prodotti rappresenta un fattore imprescindibile nel costruire la fiducia del consumatore e nell’influenzare le sue decisioni di acquisto. Lo dimostra il fatto che in un caso su due per i consumatori, secondo quanto riporta l’osservatorio Nomisma, la scelta del distributore è addirittura la preferenza principale quando si tratta di acquistare prodotti con imballaggi sostenibili e magari anche riutilizzabili.